È anche la storia degli universitari bolognesi degli anni ‘60 e ‘70, per i quali attraversare l’Appennino a piedi, spesso anche in inverno, poteva diventare la “tarzanata” per festeggiare la laurea e ritrovare, forse, una dimensione fantastica prima di buttarsi nella vita, quella vera. Quell’”incanto” nascosto nei boschi raccontato da Pupi Avati nel film del 1983 “Una gita scolastica”, ambientato proprio qui, sul cammino tra Bologna e Firenze.
E, ancora, quella della via degli Dei è la storia di Cesare Agostini e Franco Santi, di Castel dell’Alpi, e della diatriba che portarono avanti per trent’anni con istituzioni e università sulla collocazione sul versante emiliano della romana via Flaminia militare. Un avvocato e uno scalpellino che nei fine settimana estivi partivano alla ricerca del basolato della via – fatta costruire nel 187 a. C. per i trasferimenti dei legionari – , a costo di litigate con le mogli e affrontando sospetti di paese e controlli delle forze dell’ordine. È grazie all’ostinazione di questi due amici, archeologi per passione, se oggi i camminatori che percorrono la via degli Dei possono provare l’emozione, pressoché unica al mondo, di camminare in mezzo ai boschi su vie antiche più di 2mila anni.
I protagonisti di questa storia sono persone comuni, capaci però di fare qualcosa di straordinario senza ricevere indietro riconoscimenti o ricompense per il loro lavoro, se non la soddisfazione della scoperta, da condividere con amici e sodali. Un’impresa portata avanti spesso a sacrificio del proprio tempo e dei propri affetti, spinti dal desiderio di rendere i luoghi motivo di stupore e meraviglia per il maggior numero possibile di persone.